Terza puntata del nostro viaggio
Nell’informatica si parla spesso – impropriamente – di elaborazione delle informazioni. Da un punto di vista formale il termine informazione denota però un dato la cui acquisizione da parte di un ricevente determina una riduzione della sua incertezza rispetto a un qualche fenomeno. Un esempio tipico può essere la percentuale dei voti ottenuti da un partito in un’elezione, che è comunque un dato, ma che costituisce un’informazione solo se chi la riceve non ne è a conoscenza. Un dato costituisce un singolo bit di informazione, cioè ha un valore informativo unitario, se riduce nel ricevente un’incertezza binaria (cioè l’incertezza se qualcosa sia vero o falso). A questo proposito ricordo che in informatica il termine “bit” deriva dalla contrazione dell’espressione inglese binary digit e si usa per indicare la rappresentazione di un valore binario, cioè, p.es., vero o falso, mediante le due cifre 0 e 1.
Dal momento che nell’informatica il punto di vista non è la riduzione di incertezza di chi riceve i dati, ma l’automa che li elabora meccanicamente, è opportuno utilizzare in un contesto informatico sempre il termine “dati” invece di “informazioni” e – se si vuole il massimo di rigore – parlare di “rappresentazioni”, poiché i dati devono necessariamente essere codificati in qualche modo affinché possano essere elaborati dall’automa.
Il dato infatti esiste, anche se astratto, indipendentemente da una sua rappresentazione materiale che eventualmente lo concretizza, che viene scelta da noi. Questo si capisce bene con i numeri, concetti che non hanno in sé una realtà fisica. Il numero “cinque” (cioè quel numero che nella codifica in base decimale scriviamo come “5”), ad esempio, è il concetto che corrisponde a quanti oggetti ci sono in ogni insieme fatto da cinque oggetti, cioè l’astrazione che rappresenta ciò che è comune a tutti gli insiemi di cinque oggetti. Il numero “cinque” quindi esiste nel mondo delle astrazioni, e sono io che posso scegliere di rappresentarlo concretamente mediante bit (101), con l’alfabeto (cinque), o con altre codifiche. Un termine alternativo a rappresentazione è infatti “codifica”, e possiamo considerarli sinonimi.
Osserviamo ancora che, mentre il significato dei numeri è formalizzabile senza troppa difficoltà, per la maggior parte delle parole questo obiettivo è estremamente sfuggevole perché coinvolge l’interpretazione da parte del ricevente. Questo è vero all’interno dello stesso linguaggio, ma ancora di più tra linguaggi diversi, aspetto che costituisce una delle maggiori difficoltà della traduzione. Si pensi, ad esempio, che “casa” corrisponde in inglese sia a house che a home. La stringa “casa” è una rappresentazione, cioè un dato espresso in una forma materiale, che per gli esseri umani è simbolo di (cioè, un segno che si riferisce a) un “significato” che è univocamente determinato solo all’interno di una certa comunità linguistica. Ad esempio, la stringa “camera” ha significato di “stanza” per l’italiano ma di “macchina fotografica” per l’inglese. Quando parliamo di informatica in relazione ai calcolatori (utilizzeremo indifferentemente questo termine o l’equivalente inglese “computer”) usiamo il termine “rappresentazioni” e non “simboli” perché, anche se dal punto di vista umano quelle rappresentazioni sono appunto simbolo di qualcosa di significativo, per l’automa esse non hanno alcun significato, né posseggono un significato – per l’automa – le loro elaborazioni.
Le rappresentazioni possono essere classificate in due grandi categorie: analogica e digitale. La prima è quella che, fino a qualche decennio fa, è stata la più usata nella storia dell’umanità. L’esempio tipico è la posizione delle lancette in un quadrante o la lunghezza di un’ombra per indicare l’ora del giorno. La seconda – in base alla quale per lo stesso esempio il tempo viene rappresentato mediante cifre – caratterizza ormai la società contemporanea, che proprio per questo viene denominata “società digitale”. Nella rappresentazione analogica c’è una proporzione, un’analogia. Quanto più la lancetta si è mossa dalla sua posizione iniziale o quanto più l’ombra è lunga, tanto maggiore è il tempo trascorso. Nella rappresentazione digitale ci sono una serie di segni arbitrariamente scelti, le cifre, ai quali assegniamo un valore. Osserviamo però che la rappresentazione delle quantità mediante cifre è stata utilizzata dall’umanità da millenni: l’usavano i Babilonesi per il calcolo delle orbite astronomiche e l’usavano gli Egizi per il calcolo delle superfici dei terreni. Ogni popolazione rappresentava le quantità col proprio insieme di segni. Il “digitale” non è quindi un fenomeno moderno.
Anche l’elaborazione meccanica e automatica delle rappresentazioni può essere realizzata in modo analogico oppure digitale. Le prime calcolatrici aritmetiche meccaniche eseguivano somme e sottrazioni mediante spostamenti di aste o ruote, cioè con una manipolazione analogica di dati analogici. I moderni computer, invece, elaborano in modo digitale rappresentazioni digitali, cioè costituite da cifre. In tal caso la somma di due valori, ad esempio, non è la lunghezza totale delle due aste (ognuna delle quali rappresenta un valore) messe in fila, ma è il risultato dell’addizione tra i due numeri ognuno dei quali è la rappresentazione digitale del numero. Le dieci cifre del nostro sistema di rappresentazione (denominato appunto “sistema decimale”) sono sostituite, all’interno dei computer, da un sistema binario (cioè che utilizza solo i due valori “zero” e “uno”) per semplice convenienza tecnologica. Per un moderno calcolatore basato sull’elettricità avere due soli valori da rappresentare costituisce una notevolissima semplificazione, che porta a ottenere dispositivi di calcolo più piccoli e più veloci. I calcolatori adottano quindi una codifica binaria per la rappresentazione dei valori.
Completiamo questo post osservando che anche i caratteri alfabetici possono essere rappresentati mediante una codifica binaria, associando progressivamente alle varie lettere una rappresentazione binaria. È quello che è stato fatto con il famoso codice ASCII (lo standard universale per la rappresentazione binaria dei caratteri dell’alfabeto) che codifica la lettera ‘A’ con la rappresentazione binaria ‘01000001’, corrispondente al numero decimale ‘65’, la lettera ‘B’ con ‘01000010’, corrispondente a ‘66’ e così via. Procedendo in modo analogo, si possono definire metodi per costruire rappresentazioni binarie di immagini, suoni e video. Un approfondimento sulla rappresentazione dei dati mediante il sistema binario si trova nella guida didattica del progetto “Programma il Futuro” disponibile a questo link https://programmailfuturo.it/come/cittadinanza-digitale/come-funzionano-i-computer/dati-e-sistema-binario
( I post di questa serie sono basati sul libro dell’Autore La rivoluzione informatica: conoscenza, consapevolezza e potere nella società digitale, al quale si rimanda per approfondimenti. I lettori interessati al tema possono anche dialogare con l’Autore, su questo blog interdisciplinare.)