
La trasformazione digitale e la transizione ambientale, le c.d. transizioni gemelle, rappresentano obiettivi prioritari e inscindibili dell’Unione europea e degli Stati membri da perseguire nel prossimo futuro. Gli esempi che testimoniano l’importanza e l’utilità delle nuove tecnologie per promuovere risultati a favore della sostenibilità e dell’ambiente sono numerosi e con l’ulteriore sviluppo dell’intelligenza artificiale potranno certamente aumentare. A fronte di numerose sinergie positive, la digital transition, si è detto, rappresenta, sotto altri e numerosi aspetti, un potenziale rischio per l’ambiente. Diviene allora urgente interrogarsi sui principi che in futuro possono guidare le scelte del regolatore e dell’amministrazione nel dare attuazione agli obiettivi di digitalizzazione senza danneggiare quelli di tutela e preservazione dell’ambiente.
La trasformazione digitale e la transizione ambientale, le c.d. transizioni gemelle, rappresentano obiettivi prioritari e inscindibili dell’Unione europea e degli Stati membri da perseguire nel prossimo futuro. Il potenziale delle twin transitions per stimolare l’economia, creare nuovi posti di lavoro che siano anche verdi e digitali, e dare nuovo impulso per la ripresa economica dopo la pandemia da COVID-19 è stato ben evidenziato nelle conclusioni del Consiglio dell’UE “Digitalisation for the benefit of the environment”. In quella sede, il Consiglio, con l’obiettivo di sfruttare le opportunità offerte dalla digitalizzazione per la protezione dell’ambiente e l’azione per il clima e per limitare gli impatti ambientali negativi della digitalizzazione stessa, ha vivamente sollecitato la Commissione a presentare nuove iniziative che andassero in quella direzione.
La centralità delle due transizioni è stata successivamente confermata con il Next Generation EU, con il Recovery and resiliency facility e con i successivi Piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR) che hanno fatto della transizione digitale e della transizione green gli strumenti attraverso i quali stimolare gli investimenti per la ripresa. La stretta connessione tra transizione digitale e transizione ambientale è stata ancora ribadita nel Digital Compass 2030 e nella Dichiarazione europea sui diritti e principi digitali. Come emerge dalla lettura di questi documenti, il predetto rapporto si rivela, tuttavia, complesso: da un lato, complementare e proficuo; dall’altro, potenzialmente conflittuale.
Gli esempi che testimoniano l’importanza e l’utilità delle nuove tecnologie per promuovere risultati a favore della sostenibilità e dell’ambiente sono numerosi e con l’ulteriore sviluppo dell’intelligenza artificiale potranno certamente aumentare. Ci si limita qui a richiamarne alcuni. Secondo alcuni studi, l’installazione di applicazioni intelligenti, ad esempio, nelle città o nelle case consentirà, nel prossimo futuro, di controllare e regolare i consumi energetici. In materia di energie rinnovabili, ancora, l’impiego di energie rinnovabili potrà essere gestito attraverso soluzioni di IoT (c.d. Internet of things). Attraverso algoritmi predittivi funzionali a stimare le capacità di produzione da FER si potrà stabilire in anticipo, sulla base della richiesta energetica e delle esigenze produttive, il quantum di energia da prodursi. Alcuni calcoli, di cui andrà comunque valutata l’esattezza nel lungo periodo, evidenziano che l’integrazione del sistema energetico nazionale, grazie alle nuove tecnologie digitali potrebbe garantire, non solo, una gestione ottimizzata della produzione di energia rinnovabile, ma anche l’abilitazione verso una maggiore elettrificazione dei consumi.
A fronte di numerose sinergie positive, seppur al momento in parte solo potenziali, la digital transition, si è detto, rappresenta, sotto altri e numerosi aspetti, un potenziale rischio per l’ambiente. L’industria tecnologica consuma enormi quantità di energia non solo per la produzione, le cui fasi peraltro, richiedendo l’estrazione e l’uso di minerali, possono generare rischi di deforestazione, erosione del suolo, inquinamento delle acque e perdita di biodiversità, ma anche e soprattutto per garantire il funzionamento di dispositivi e servizi digitali e alimentare data center, server e altre infrastrutture IT. Il raffreddamento dei data center e la produzione di dispositivi elettronici necessitano di una notevole quantità di acqua e ciò può portare a carenze idriche e può avere gravi conseguenze per le comunità e gli ecosistemi che dipendono da tali fonti d’acqua. C’è poi il problema dei rifiuti elettronici, aggravato dal dalla c.d. obsolescenza programmata e dalla mancanza in larga misura di un corretto riciclo degli stessi.
L’ampia diffusione delle tecnologie digitali, dunque, come pure indicato dalla “Bussola digitale”, può certamente contribuire alla transizione verso un’economia a impatto climatico zero, circolare e più resiliente, purché le tecnologie abbiano una bassa impronta ambientale e una “maggiore efficienza energetica dei materiali”.
A fronte di questo quadro, brevemente richiamato, diviene allora urgente interrogarsi sui principi che in futuro possono guidare le scelte del regolatore e dell’amministrazione nel dare attuazione agli obiettivi di digitalizzazione senza danneggiare quelli di tutela e preservazione dell’ambiente.
A rilevare è in primo luogo, il principio dello sviluppo sostenibile che sin dalla sua introduzione, ha operato come un fattore di riconciliazione tra esigenze divergenti richiede, secondo la lettura fornita dalla Corte di giustizia, che nell’applicazione delle normative dell’UE, le diverse disposizioni siano interpretate “a vantaggio dell’ambiente”.
Nella direzione di un maggior “peso specifico” degli interessi ambientali rispetto ad altri interessi-obiettivi dell’Unione, vanno anche l’art. 11 del TFUE, per cui la tutela dell’ambiente deve essere espressamente integrata in tutte le politiche e le azioni dell’UE , anche quindi, quelle in materia di digitalizzazione, e l’art. 191, par. 1 del TFUE in applicazione del quale l’Unione è tenuta a contribuire al raggiungimento di quattro obiettivi, il primo dei quali consiste nella salvaguardia, nella tutela e nel miglioramento della qualità dell’ambiente .
In senso analogo si pone anche l’art. 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in virtù del quale “un livello elevato di tutela dell’ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell’Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile”.
Va infine, ricordato il principio del “do no significant harm” (c.d. DNSH), il quale prevede che gli interventi previsti dai PNRR nazionali non arrechino nessun danno significativo all’ambiente, e che in virtù dell’inserimento di regole puntuali nel Dispositivo per la ripresa e resilienza, presenta una chiara e precisa attitudine a condizionare le scelte politiche, ma anche quelle delle imprese.
Le disposizioni richiamate e i principi in esse contenuti, evidenziano chiaramente il principio di integrazione del livello elevato di tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente nelle politiche dell’Unione e soprattutto, per quanto qui rileva, individuano nella la tutela dell’ambiente un presupposto necessario e necessitato per qualunque altra politica, anche per quelle oggetto della c.d. transizione digitale.
La pubblica amministrazione, chiamata a scegliere se ricorrere sempre più massicciamente alle nuove tecnologie (si pensi ad esempio alla progressiva diffusione della blockchain che rappresenta una tecnologia fortemente energivora), o se preferire soluzioni meno innovative ed efficaci, ma a minor impatto ambientale, dovrà dunque tener conto, oltre che dei principi che tradizionalmente guidano le scelte amministrative, quali ragionevolezza e proporzionalità, anche dei principi di cui sopra. Accanto a questi inizia a farsi strada un nuovo principio, che dei primi a bene vedere, rappresenta una sintesi: il principio della sostenibilità digitale. Un principio dell’amministrazione che va affermandosi con sempre maggiore consapevolezza, come emerge anche dall’ultimo Piano Triennale per l’informatica (2024-2026) secondo cui le pubbliche amministrazioni devono considerare l’intero ciclo di vita dei propri servizi e la relativa sostenibilità economica, territoriale, ambientale e sociale”.
Perseguire la transizione digitale dunque, quale viatico per l’attuazione dei principi costituzionali di cui all’art. 97, ma non ad ogni costo, soprattutto se ambientale, come del resto ci indica il riformato art. 9 della nostra Costituzione.
Osservatorio sullo Stato Digitale by Irpa is licensed under CC BY-NC-ND 4.0