A passeggio con l’informatica – 21. Non di sola IA vive un Paese

Ventiduesima puntata del nostro viaggio

 


Abbiamo discusso nel
post precedente alcuni aspetti che sono esclusivi dell’intelligenza umana, in quanto espressione di una mente incarnata in un corpo fisico con le caratteristiche della nostra razza umana.

Aggiungo qui solo un accenno al fatto che vi  sono poi tutta una serie di altri valori, che possiamo chiamare di “intelligenza sociale”, che danno senso alle società umane in quanto fatte da persone, quali, ad esempio, la compassione, la solidarietà, l’immaginazione, l’umorismo, e così via, che mi  appaiano anche questi totalmente al di fuori della portata delle macchine cognitive, in generale, e in particolare di quelle che posseggono ciò che chiamo intelligenza meccanica, universalmente nota come intelligenza artificiale.

Nonostante queste limitazioni, le macchine cognitive e in modo particolare quelle che utilizzano le tecniche dell’intelligenza artificiale si diffonderanno sempre di più, per la loro indubbia utilità, mentre le persone cambieranno il tipo di lavoro che fanno. Ciò va inteso nel senso che il loro lavoro vedrà in misura sempre maggiore l’utilizzo di macchine cognitive, per coadiuvare l’uomo nelle attività intellettuali di routine. Si tratta di un processo analogo a ciò che è accaduto in passato, sia recente che remoto, con sempre più lavoro manuale, precedentemente svolto direttamente dall’uomo, sempre più affidato a macchine industriali, mentre l’uomo manteneva un ruolo di controllo e supervisione.

Per questo è della massima importanza che ogni persona sia appropriatamente istruita e formata sulle basi dell’informatica, la disciplina scientifica che rende possibile la progettazione e realizzazione delle macchine cognitive. Solo in questo modo ognuno sarà in grado di capire la differenza tra ciò che tali macchine possono fare e ciò che non devono fare. Infatti,  mentre la terza rivoluzione dei rapporti di potere ha consegnato alle macchine cognitive il predominio sulla specie umana nella dimensione della razionalità pura, nella società umana ci sono molte altre dimensioni altamente rilevanti oltre a questa, l’unica in cui agiscono le macchine cognitive. Affinché l’umanità possa continuare a dirigere e governare il proprio futuro dovrà fare attenzione a non perdere la consapevolezza di questa sua specificità. A tal scopo, è necessaria una corretta formazione sin dai primi anni di scuola sulle basi scientifiche dell’informatica e sull’impatto sociale delle sue tecnologie. Riprenderemo il tema di come governare nel miglior interesse dell’umanità lo sviluppo dei sistemi informatici in un successivo articolo.

Richiamo l’attenzione su un aspetto particolarmente importante in questo momento, in cui i sistemi di intelligenza artificiale sono sulla bocca di tutti per le loro impressionanti prestazioni, che sono dovute all’enorme quantità di dati disponibili, agli avanzamenti nella tecnologia dei processori e ai progressi delle tecniche algoritmiche dell’apprendimento profondo (deep learning). Si tratta di ritenere che un Paese per essere all’avanguardia nella società digitale abbia bisogno solo di “sistemi intelligenti”. Nella storia della tecnologia in generale e di quella informatica in particolare, vi sono momenti nei quali sembra che un certo approccio sia quello assolutamente vincente, salvo poi scoprire, magari dopo una decina d’anni, che si è un po’ esagerato.

Non sto assolutamente negando l’importanza di questo settore dell’informatica, ed è vitale investire in esso, ma non possiamo dimenticarci che alla base di tutto il mondo digitale ci sono i “normali” sistemi informatici, il cui stato di realizzazione lascia molto a desiderare e ai quali bisognerebbe fare molta più attenzione. In molte nazioni che nell’ultimo decennio hanno cominciato a stanziare somme molto ingenti di denaro per la ricerca nell’area dell’intelligenza artificiale, gli analisti più attenti hanno osservato che tali sforzi non devono accadere a discapito del miglioramento di sistemi informatici che non funzionano proprio come dovrebbero. Investire solo sulla realizzazione di sistemi basati sull’apprendimento automatico (machine learning), quando l’informatizzazione tradizionale ancora non funziona come dovrebbe, è un po’ come comprarsi una Ferrari dimenticandosi di avere scarpe bucate e vestiti rovinati.

Per un professionista o una piccola azienda penso che sia più molto più rilevante avere la capacità di organizzare efficacemente i propri dati in modo autonomo e di poter realizzare semplici elaborazioni con programmi informatici sviluppati da soli. È di queste competenze di base, analoghe a quelle di saper scrivere una relazione o mantenere una semplice contabilità, che ritengo ci sia bisogno per attuare sul serio la trasformazione digitale, più che di intelligenza artificiale o di una delle molte parole inglesi alla moda che si sentono sempre più frequentemente sui media in questi anni.

Riprenderemo il tema dell’impatto dell’informatica sul mondo del lavoro in un prossimo post.

( I post di questa serie sono basati sul libro dell’Autore La rivoluzione informatica: conoscenza, consapevolezza e potere nella società digitale, al quale si rimanda per approfondimenti. I lettori interessati al tema possono anche dialogare con l’Autore, su questo blog interdisciplinare, su cui i post vengono ripubblicati a partire dal terzo giorno successivo alla pubblicazione in questa sede. )