Anche gli USA avranno una disciplina delle crypto

Per ora la proposta di legge ha avuto il via libera solo di una delle due camere; se dovesse passare anche il vaglio del Senato, gli Stati Uniti avrebbero una disciplina normativa delle cripto attività. Questo significherebbe il superamento della regulation by enforcement, prevalentemente portata avanti dalla SEC negli ultimi anni, nonché un allineamento con l’approccio regolatorio adottato in altre parti del mondo.

 

Lo scorso maggio la House of Representatives del Congresso ha approvato, in maniera bipartisan, la proposta di legge H.R. 4763, la c.d. Financial Innovation and Technology for the 21st Century Act (FIT21). Se approvata anche dal Senato, negli Stati Uniti verrà introdotto un framework normativo relativo al mercato degli asset digitali.

Il disegno di legge contiene un primo titolo dedicato alle definizioni. Troviamo, ad esempio, la definizione di digital asset quale “any fungible digital representation of value that can be exclusively possessed and transferred, person to person, without necessary reliance on an intermediary, and is recorded on a cryptographically secured public distributed ledger”. Vi è poi un titolo dedicato all’offerta e alla vendita di asset digitali e i successivi due titoli relativi alla registrazione presso la Securities and Exchange Commission o la Commodity Futures Trading Commission degli intermediari di digital asset, secondo le rispettive competenze (si ricorda che la SEC ha competenze relativamente ai mercati azionari, mentre la CFTC supervisiona il mercato dei derivati). La registrazione è necessaria per poter operare (è per certi aspetti assimilabile all’autorizzazione prevista nel nostro ordinamento) e comporta il rispetto di una serie di obblighi ivi previsti.

Lo scopo dell’intervento normativo è di rafforzare la tutela dei consumatori, supportare l’innovazione tecnologica e porre fine alla c.d. regulation by enforcement. A tale ultimo proposito, vale la pena osservare che – diversamente da quanto si è verificato in altri ordinamenti – in quello statunitense, in assenza di una specifica normativa, la regolamentazione delle crypto è stata rimessa all’attività della SEC (o della CFTC). La SEC, in particolare, fa applicazione del c.d. Howey test e, attraverso un assessment case by case, riconduce o meno determinate tipologie di token nella categoria degli strumenti finanziari, applicando conseguentemente la relativa disciplina e sottoponendo l’emittente alla propria vigilanza. Numerosissime sono state le iniziative condotte a proposito (per avere un’idea, basti vedere quelle condotte nel 2023 contro Genesis and Gemini, Nexo e Kraken).

 L’approccio seguito dall’Autorità è stato, peraltro, molto rigoroso e restrittivo; sono diventati famosi due casi in cui due non-fungible token (NFT) – tradizionalmente esclusi dall’ambito finanziario per la loro caratteristica distintiva, la non fungibilità – sono stati ricondotti dalla SEC nell’alveo delle securities, sotto forma di contratto di investimento.

Non stupisce, dunque, che di fronte all’annunciato intervento normativo l’Autorità di vigilanza abbia assunto un atteggiamento oppositivo. Il Presidente della SEC ha difatti rilasciato uno statement in cui ha sostenuto che il FIT 21, diversamente da quanto annunciato, creerebbe nuove lacune e minerebbe la tutela dei consumatori, indebolendo e danneggiando “decades of precedent regarding the oversight of investment contracts”.

La regulation by enforcement, che negli anni immediatamente successivi alla diffusione delle crypto ha effettivamente costituito una delle principali modalità di regolamentazione del fenomeno, sembrerebbe ad oggi, in effetti, superata. La maggior parte degli Stati ha adottato o è in procinto di adottare una disciplina delle cripto attività.

L’Unione Europea ha fatto da ‘apripista’, essendo stata tra i primi a introdurre una regolamentazione ad hoc, approvando nel 2023 il Regolamento MiCAR, entrato in vigore lo scorso giugno. La inglese Financial Conduct Authority (FCA) ha adottato nel 2023 il policy statement 23/6, facendo seguito a un intervento del Governo in cui si auspicava che quantomeno alcune tipologie di cripto attività ricadessero nella disciplina del Financial Services and Markets Act. A ottobre 2023 il Governo australiano ha presentato una proposta di legge per la regolamentazione dei prestatori di servizi relativi alle cripto attività, che presenta un’impostazione molto simile a quella del MiCAR, come espressamente riportato (“is broadly consistent with the European Union’s ‘Markets in Crypto Assets’ framework”).

Era dunque prevedibile che anche gli Stati Uniti intervenissero con una disciplina normativa.

È auspicabile, in futuro, verificare se questo tipo di regolamentazione sia effettivamente adatto a disciplinare il fenomeno dei cryptoasset. Il settore, difatti, si caratterizza non solo per una significativa innovazione, ma anche e soprattutto per la rapidità con cui quest’ultima evolve; non bisogna, dunque, sottovalutare il rischio di obsolescenza a cui si espone qualsiasi tentativo di regolamentazione normativa. Rischio, peraltro, riconosciuto dallo stesso legislatore europeo – e ribadito da quello nazionale (qui il parere della Commissione finanze e tesoro del Senato sul decreto legislativo di recepimento del MiCAR) – il quale ha infatti previsto, all’articolo 140 del Regolamento, che la Commissione presenti una relazione (entro giugno 2027, cui si aggiunge una relazione intermedia entro giugno 2025) avente ad oggetto, tra l’altro, valutazioni in merito a “l’eventuale necessità di modificare le misure previste dal presente regolamento per garantire la tutela dei clienti e dei possessori di cripto-attività, l’integrità del mercato e la stabilità finanziaria”.

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