Umberto Zanotti Bianco: Alcide De Gasperi e il sistema delle spoglie dell’Italia democristiana.

Umberto Zanotti Bianco (La Canea 1889-Roma 1963), archeologo di fama internazionale, filantropo e uomo di cultura, al centro di vaste relazioni in Italia e all’estero, era stato sin dal periodo precedente la Repubblica un appassionato meridionalista. Nel 1910 era stato tra i promotori dell’Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno, che aveva contribuito a riparare dai rigori del fascismo, anche grazie al rapporto di amicizia e stima che ebbe con la principessa Maria Josè di Savoia e col suo entourage. Esponente prestigioso delle élites altoborghesi, antifascista convinto e attivo, fu protagonista proprio all’inizio della prima legislatura repubblicana di uno scontro aspro e senza sconti con Alcide De Gasperi presidente del Consiglio, che portò alle sue dimissioni dalla Croce Rossa. Ne fu l’oggetto il direttore generale della CRI Giovanni Battista Vicentini, un “uomo d’affari” estraneo agli scopi sociali dell’ente ma di sicura appartenenza democristiana. L’episodio, rimasto riservato, testimonia tuttavia di una frizione, a tratti anche acuta, tra una parte almeno delle élites culturali del dopoguerra e il nuovo potere democristiano. Il ruolo che vi ebbe De Gasperi (si veda la frase sulla Azione cattolica protettrice di Vicentini) fu quello di un politico realistico, perfettamente a suo agio nel clima difficile del dopoguerra.

Caro De Gasperi, l’ultima volta che ci siamo visti all’Ambasciata del Canadà, tu mi hai detto incontrandomi: ‘tu mi devi odiare’. Ritengo che con questa frase riconoscevi la posizione infelice e ingiusta in cui mi hai lasciato da mesi, nonostante tante promesse e assicurazioni. Avevo – stanco di questo continuo tergiversare – presentato nel luglio scorso al nostro Alto Patrono D.E. Einaudi le mie dimissioni. Egli mi pregò di pazientare: si sarebbe occupato personalmente della cosa, convinto della necessità del cambiamento del Direttore Generale e gli fu assicurato che a questi sarebbe stato trovato presto un altro posto.

In agosto, in occasione del ricevimento dello Scià di Persia, mi intrattenesti a lungo, presente il Presidente della Repubblica, su tale argomento. Mi dichiarasti che eri convinto che Vicentini non era l’uomo adatto ad una associazione volontaria come la Croce Rossa, che aveva un temperamento da uomo d’affari e che gli stavi cercando un altro posto. E poiché ti facevo osservare come il prolungarsi di questa situazione creava gravi imbarazzi finanziari alla Croce Rossa, dato che il Tesoro ci negava e ci nega tutt’ora ogni sussidio fino a che non sia allontanato il Direttore Generale, mi assicurasti che ci avresti fatto versare i fondi da Pella. ‘Vieni il 1° settembre da me – concludesti – e cercheremo di sistemare tutto’. Altri sei mesi sono passati: non ti ho mai potuto vedere al Ministero e alle mie ripetute sollecitazioni perché venisse rinominato il Consiglio (che oggi è in maggioranza dimissionario, tanto da non poter riunire il numero legale) non hai mai risposto. (…).

So che l’Azione cattolica vuole ad ogni costo la permanenza di Vicentini in Croce Rossa. Non ho dimenticato le tue parole: ‘essa è una gran forza politica ed io come uomo politico non lo posso ignorare’. Ma fosti poi tu, nel famoso pranzo di Taylor e poi nel radio-messaggio della Giornata della Croce Rossa, ad affermare che il Governo avrebbe difeso l’indipendenza e l’apoliticità della Croce Rossa.

Se così lungamente ho sopportato una situazione lesiva del mio prestigio personale è stato, lo sai, esclusivamente per salvare l’indipendenza e l’integrità dell’Associazione a cui da cinque anni ho dato tutta la mia attività con passione impersonale e disinteressata (…). Se vado via, in pieno accordo con il Governo e mi succederà una persona che seguirà le mie stesse direttive,  di difesa del volontariato, il trapasso si effettuerà senza scandalo, che voglio ad ogni costo evitare per il buon nome dell’Italia.

Archivio storico dell’Associazione Nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia, Fondo Umberto Zanotti Bianco (1949), ove soprattutto la lettera a De Gasperi 20 febbraio 1949.