L’episodio qui riportato fedelmente è tratto dagli Atti dell’Assemblea Costituente, Discussioni, 1946. Un ricordo così vivace e nitido però non ha trovato riscontro nel verbale degli Atti parlamentari di quasi trent’anni prima, cui si riferisce. Il fatto di cui parla Nitti infatti, se davvero accadde, si verificò certamente nel 1919, subito dopo le elezioni e l’inizio della nuova legislatura, la venticinquesima (Matteotti fu eletto per la prima volta deputato proprio allora, quando finalmente si poté votare con la proporzionale). Va collocato certamente in un torno di tempo che non può estendersi oltre quella data e l’estate del 1920 (caduta del governo Nitti II). Di più: trattandosi dell’intervento di esordio di Matteotti nel nuovo Parlamento, la data non può che essere quella del 21 dicembre 1919 e l’oggetto dell’intervento la proroga dell’esercizio provvisorio degli stati di previsione dell’entrata e della spesa per l’esercizio finanziario 1919-20 (legge 29 dicembre 1919, n. 2428) chiesta dal Governo Nitti. In quell’occasione in effetti l’esordiente deputato socialista svolse un lungo, puntiglioso ordine del giorno contro la politica economico-finanziaria del governo Nitti. L’ordine del giorno fu respinto. Matteotti, che parlò in aula, subì varie interruzioni, in particolare da parte del ministro del Tesoro Carlo Schanzer, ma mai da parte di Nitti. Nella discussione finale sugli ordini del giorno, Nitti, replicando, ebbe verso Matteotti brevi parole che si potrebbero giudicare bonarie: “Quanto ai provvedimenti finanziari di cui l’onorevole Matteotti ha dato così aspro giudizio – disse – , posso dire che essi saranno discussi. Io che ho la disgrazia d’insegnare, da venticinque anni circa, scienza delle finanze, forse non ho imparato alcuna cosa insegnando; ma non ho mai giudicato un mio scolaro con la severità con cui l’onorevole Matteotti ha giudicato noi. (Viva ilarità — Commenti)”. E aggiunse: “Chiediamo dunque scusa agli egregi colleghi di tutti gli spropositi teorici, come l’onorevole Matteotti dice, in cui siamo caduti, ma spero che ci si daranno le attenuanti almeno, per averci giudicato inaudita parte-, i canonisti dicono che anche il diavolo deve essere sentito, etiam diabolus audiatur. (Si ride). Matteotti interruppe: “Noi non abbiamo potuto parlare!”. E Nitti: “Neanche noi abbiamo potuto parlare ! Se l’egregio collega ci farà l’onore di lasciarci parlare, a suo tempo vedrà che questi provvedimenti sono una cosa meno stolta di quello che gli è sembrato e che soprattutto sono di una severità e di una durezza che, quando faremo i conti, egli stesso vedrà che non sono stati così miti come egli crede (Ilarità e vivi commenti al centro), e si convincerà che essi non meritano tutto l’aspro giudizio che ne ha dato.
Sin qui lo scambio di battute come risulta agli atti. Polemica aperta, seppure dai toni garbati. Ma, come si vede, non v’è traccia di altro.
E tuttavia nel 1946 Nitti volle dedicare al martire antifascista queste precise parole:
Io ricordo quando venne alla Camera il povero Matteotti. Era arrivato assai giovane, pieno di buona volontà. Aveva uno spiegabile orgoglio. Era presidente del Consiglio provinciale della sua provincia…aveva dato molto danaro per le cooperative socialiste e…ne aveva anche perduto. Era circondato da simpatie. Giunto alla Camera, fece un amaro discorso finanziario contro di me. Io dal banco del Governo non lo contraddissi, non lo interruppi; presi nota di tutto. Era caduto in errori di inesperienza, aveva confuso partite diverse del bilancio, aveva male interpretati la funzione dei residui e aveva confuso, perfino, alcune cifre dell’attivo con quelle del passivo, e viceversa. Io mi accorsi di ciò e tacqui. Ma quando gli risposi cominciai col lodare la sua intelligenza, la sua facondia, e poi dissi soltanto: “È accaduto però che ha confuso alcune cifre dell’attivo con il passivo”. Fu uno scoppio di risa, di cui dopo mi pentii. Mi aspettavo che l’onorevole Matteotti mi dicesse delle insolenze, invece all’uscita mi aspettò serenamente e con un sorriso. Aveva grandi, buoni e dolci occhi e mi disse: “Io sono stato troppo poco prudente”.
Il fatto cui si riferisce questo brano – si ribadisce – non figura negli Atti parlamentari del 1919. Delle due dunque l’una: o il ricordo di Nitti è fallace (ma appare molto circostanziato e soprattutto non riferibile ad altri momenti) oppure il resoconto fu corretto (il solo Nitti avrebbe potuto farlo, sulle bozze che venivano sottoposte ai deputati e ministri: potrebbe averlo fatto nel ricordo di quella simpatica coda qui descritta?). Cosa accadde veramente? Un piccolo mistero grava su queste poche righe. L’ episodio è interessante (soprattutto perché, se autentico, testimonierebbe di uno stile parlamentare già allora abbastanza raro). Se invece non vero, sarebbe un indizio di quella certa debolezza della memoria che talvolta sopravviene con l’età avanzata.
Atti Assemblea Costituente, seduta del 16 luglio 1946, p. 65; il dibattito cui si fa cenno è in A.P. Camera, Leg. XXV, Discussioni, tornata del 21 dicembre 1919.