Una sentenza che fa pessimo sangue: De Gasperi contro i magistrati romani

L’Alta Corte di giustizia (istituita il 27 luglio 1944), competente a giudicare i delitti e illeciti del fascismo, l’11 ottobre 1945 aveva condannato il noto gerarca  fascista Ezio Maria Gray a 20 anni di reclusione per i delitti da lui compiuti nel ventennio del regime. Nel 1946 era intervenuta l’amnistia Togliatti e Gray era stato inviato per due anni al confino di polizia. Scontato il quale, il 19 febbraio 1950 Gray e il giornalista fascista Ugo Dadone erano stati imputati per avere vilipeso, in un articolo sul settimanale “Nazione” (Tokio insegna a Roma), il ministro degli Esteri Carlo Sforza. I due erano stati però assolti in primo grado il 6 luglio 1950 dal Tribunale di Roma e poi il 17 ottobre 1950 dalla Corte d’appello di Roma “perché il fatto non costituisce reato”. De Gasperi, presidente del Consiglio, ne scrive in questa lettera indignata al ministro democristiano della Giustizia Attilio Piccioni.

La sentenza contro Gray, ma in realtà contro Sforza, ha fatto pessimo sangue e indignazione. Siamo proprio disarmati di fronte ad una simile enormità? Proprio un Ministro ha da essere schiaffeggiato a quel modo da un collegio di magistrati e il Governo non è in grado di difenderlo! Si può tacere senza vergogna? Vorrei sentire un tuo giudizio. Ho visto anche un rapporto circa le perquisizioni di Roma: si vede che i magistrati temono più i parlamentari dell’opposizione che i loro superiori (…).

 

De Gasperi scrive. Corrispondenza con capi di Stato cardinali uomini politici giornalisti diplomatici, a cura di Maria Romana De Gasperi, Brescia, Morcelliana, 1974, t. I, pp. 192-193.