Banche dati di merito e giustizia predittiva in Italia: tanti progetti ma ancora non ci siamo

Negli ultimi anni l’Italia è stata avviata una serie di progetti per creare banche dati di merito a livello istituzionale, da impiegare, tra gli altri campi, per l’implementazione della giustizia predittiva. Non mancano tuttavia dubbi sull’opportunità di tali strumenti, nonché sui rischi che ne possano derivare per la giurisprudenza.

 

 

Da circa dieci anni, l’ordinamento italiano lavora per sviluppare progetti per costruire banche dati giuridiche a livello locale e nazionale, da rendere accessibili ai cittadini e agli addetti ai lavori (giudici e avvocati).

La creazione di una banca dati nazionale di pronunce giurisprudenziali in materia civile, amministrativa e penale rientra infatti tra le milestones europee del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano, sebbene al suo interno si faccia riferimento esclusivamente alla realizzazione di una banca dati di sentenze di merito in materia tributaria (che ha portato poi all’elaborazione del progetto “Prodigit”).

La costruzione di banche dati è stata altresì indicata come un’area di intervento specifica della Strategia per la transizione digitale 2022-2026 del Ministero della Giustizia, sotto il coordinamento della Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati (DGSIA), dei cui progressi si rende conto nella Relazione sull’amministrazione della Giustizia per l’anno 2023.

In attuazione di ciò, il Ministero della Giustizia ha quindi proceduto, in primo luogo, ad aggiornare e implementare alcune banche dati già esistenti. Si veda ad esempio, ItalgiureWeb, strumento già ampliamente utilizzato dai giudici di merito civili e penali, la cui reingegnerizzazione, su richiesta espressa della Corte di cassazione e del CSM, è stata presa in carico dalla Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati; o, ancora, all’Archivio Giurisprudenziale Nazionale, di cui si stanno mettendo a punto nuove evoluzioni applicative.

In secondo luogo, il Ministero ha lanciato lo scorso 14 dicembre 2023 la nuova Banca dati di merito pubblica, accessibile tramite il portale dei servizi telematici ministeriali mediante autenticazione con i sistemi SPID, CIE e CNS. Grazie a tale strumento, cittadini e giudici possono accedere alla consultazione di abstract e provvedimenti civili (sentenze, decreti e ordinanze) recanti data dal 1° gennaio 2016 ad oggi, ad esclusione di provvedimenti relativi a famiglia, minori e stato della persona.

Accanto a tali progetti, vi sono poi numerose iniziative volte allo sviluppo di sistemi di giustizia predittiva.

A tal proposito si possono menzionare i progetti sperimentali avviati da alcuni plessi giudiziari, d’intesa con alcune Università. Come quello della Corte di appello e del Tribunale di Brescia, realizzato insieme all’Università degli Studi di Brescia, che hanno creato una pagina web dedicata alla giustizia predittiva, raggruppando, per aree tematiche, alcune decisioni selezionate del Tribunale e della Corte stessa. Una volta scelta l’area tematica di interesse (a scelta tra Diritto del lavoro e Diritto delle imprese), si percorrere un “itinerario” guidato, teso ad individuare la vicenda giudiziaria più appropriata, per identità o similitudine, a quella di proprio interesse, “arrivando” alla soluzione cercata. Tutto ciò utilizzando formule linguistiche e grafiche essenziali e senza l’impiego di alcuna elaborazione da parte di intelligenze artificiali o algoritmi, al fine di riconoscere piena centralità al ruolo ermeneutico del giudice e dell’avvocato.

Similare, è il progetto “Prevedibilità delle decisioni” della Corte di appello di Bari, in cui all’interno del sito è possibile scaricare delle schede tematiche volte a inquadrare la disciplina, le questioni giuridiche e l’orientamento giurisprudenziale in materia, anticipando in questo modo la possibile decisione del giudice.

Al fine aumentare il numero di casi consultati e la capacità di previsione dello strumento di predizione, diverse Corti hanno deciso, invece, di affidarsi a strumenti di intelligenza artificiale e di machine learning, sviluppando insieme a centri di eccellenza soluzioni ad alto livello tecnologico in grado di rispondere tempestivamente ai dubbi dell’utente.

Si possono citare, a tal proposito, il progetto Predictive Justice per le Corti e i Tribunali di Genova e Pisa, portato avanti dal Lider-Lab, Laboratorio interdisciplinare diritti e regole del Sant’Anna, che intende realizzare una banca dati per valutare le chance di successo e i tempi di un contenzioso (nonché, come effetto ulteriore, la convenienza di ricercare soluzioni condivise con la controparte), impiegando tecniche di analisi di big data e machine learning in modo da prevedere la statuizione del giudice sulla base di somiglianze e analogie. O, ancora, il progetto portato avanti dalla Corte di appello di Venezia insieme all’Università degli Studi Ca’ Foscari di Venezia e al Dipartimento di Intelligenza Artificiale della Deloitte, che hanno optato per un’attività di catalogazione dei giudizi e di elaborazione da parte di un’intelligenza artificiale (nel corso del 2022-2023 è stato sviluppato un programma che permette la formulazione di una “domanda” al sistema per la selezione elementi di interesse e la possibilità di ricerche per concetto semantico).

Analoghi a questi, vi sono poi i progetti di “Giustizia Semplice 4.0”, sviluppato dal Tribunale di Firenze insieme ad altri soggetti per il deferimento delle cause alla conciliazione; il progetto “Giustizia predittiva”, sviluppato dell’Università di Milano con il Tribunale di Milano; il progetto “Iustit-IA”, sviluppato dall’Università Mediterranea di Reggio Calabria, dall’Università per Stranieri “Dante Alighieri” e dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria.

Infine, nel richiamare le iniziative sperimentali concernenti lo sviluppo di strumenti di predizione tramite l’impiego di machine learning, non si può omettere di citare l’accordo quadro stipulato tra la Corte Suprema di Cassazione e la Scuola Universitaria Superiore IUSS Pavia, che promette la raccolta e organizzazione del corpus giurisprudenziale della Corte tramite strumenti di intelligenza artificiale e legal analytics.

Sebbene la traiettoria intrapresa dai diversi progetti avviati appaia ben definita, non mancano tuttavia dubbi e perplessità circa l’opportunità delle iniziative intraprese, sia per quanto riguarda le banche dati di merito con funzione propriamente servente allo studio dei casi (che potrebbero portare a un appiattimento dell’indagine ermeneutica rispetto alla mera ricerca del “precedente”) sia per quelle destinate a funzioni di predizione (in particolare per quanto riguarda l’impiego di strumenti intelligenti).

L’aspirazione di garantire una maggiore certezza del diritto per i cittadini, nonché di agevolare i giudici nell’inquadramento della vicenda giudiziaria (e non solo loro, ma anche i tirocinanti ex art. 73 d.l. n. 69/2013 e gli Uffici del processo, spesso coinvolti nell’attività di studio, catalogazione e massimazione dei provvedimenti) sembra, in parte, cedere il passo a esigenze di carattere diverso: la volontà di ridurre il carico giudiziale e, di contro, risparmiare tempi e costi di giudizio alle parti, proiettando la soluzione dei casi sulla base di un’analisi (ad ogni modo, per quanto elaborata, comunque, in parte) statistica, a sacrificio della tradizionale impostazione ermeneutica-casistica della giurisprudenza.

L’effetto maggiormente temuto è inoltre quello di favorire un’eccessiva semplificazione dell’apparato motivazionale, con conseguente serializzazione delle statuizioni e perdita della pluralità decisionale, nonché quello di vedere applicate tali storture di sistema in processi particolarmente delicati (come quello penale) senza tener conto delle dovute differenze o attenzioni del caso.

Altro oggetto di critica riguarda poi la sussistenza di molteplici progetti, a loro volta potenzialmente replicabili, di giustizia predittiva tra le diverse Corti. Tale annotazione trova tuttavia risposta nella necessità di sperimentare più soluzioni, almeno in una prima fase di rodaggio, al fine di individuare le tecnologie migliori da applicare poi su larga scala.

La desiderabilità di banche dati di merito e di tecniche di predizione per lo sviluppo delle controversie appare infatti elemento consolidato.

Al fine di scongiurare i rischi insiti in tali strumenti occorre dunque attuare correttivi non solo alle tecnologie di catalogazione, ma anche e soprattutto all’impiego di tali tecnologie da parte dell’utente.

La possibilità di verificare gli orientamenti giurisprudenziali non deve infatti tradursi in una completa assuefazione passiva rispetto ai risultati, né per quanto riguarda i giudici, né per quanto attiene i cittadini. Per evitare ciò occorre accompagnare la diffusione di tali tecnologie a una nuova educazione agli strumenti, consolidando l’approccio critico che deve contraddistinguere il mondo del diritto e, in particolare, quello della applicazione delle leggi.

A tal proposito, occorre garantire non solo un adeguato apporto dell’utente nella ricerca, come già avviene in molti dei progetti sperimentali richiamati, ma anche un pieno controllo della stessa (se non anche dei meccanismi di selezione adoperati dalla macchina) da parte del cittadino, nella piena consapevolezza e certezza che la decisione finale sarà ad ogni modo rimessa all’analisi imparziale (ma anche personale, nei termini di “persona”) di un giudice.

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