Spesso funzioni amministrative sono svolte da giudici. La separazione dei poteri è un criterio ordinatore dell’ordinamento costituzionale che, tuttavia, non è osservato nel diritto positivo in modo assoluto. Questa sovrapposizione tra funzioni e poteri può considerarsi fisiologica rispetto ad una realtà ordinamentale complessa. Viceversa, l’osservazione fenomenologica evidenzia situazioni diverse nelle quali la tracimazione del potere giurisdizionale in quello amministrativo diviene problematica. Il presente contributo, attraverso lo studio di tre casi concreti, si propone di individuare le ragioni e le implicazioni tendenziali di questa tracimazione. La debolezza strutturale dell’amministrazione crea vuoti che tendono ad essere riempiti dalla giurisdizione. L’effetto di questa compensazione però non è il ripristino dell’equilibrio perché la i formazione delle decisioni dell’amministrazione (mediante il procedimento amministrativo) si basa sulla discrezionalità amministrativa. Per questo tale discrezionalità non appartiene ai giudici. Per il rilancio della separazione dei poteri nei termini di «riserva di amministrazione» è indispensabile che essa divenga più solida. Il raggiungimento di questo obiettivo passa attraverso la difesa della selezione per merito della pubblica amministrazione e la sua neutralità dettata dalla Carta costituzionale.
I giudici amministratori
di Lorenzo Saltari