Recensione al II Volume – “Amministrazione, responsabilità, giurisdizione” dell’opera “Intelligenza artificiale e diritto: una rivoluzione?”, Bologna, il Mulino, 2022, curata da A. Pajno, F. Donati e A. Perrucci. L’opera si propone di indagare l’incontro tra intelligenza artificiale e diritto, al tempo stesso strumento di regolazione del fenomeno digitale e oggetto di trasformazione da parte di un processo inarrestabile. Il punto focale dell’indagine riguarda la capacità delle categorie tradizionali di disciplinare il fenomeno tecnologico, piuttosto che la necessità di rinvenire nuovi paradigmi compatibili con gli strumenti di intelligenza artificiale. Osserva Guido Alpa che «non possiamo calcolare, oggi, dove ci porteranno gli algoritmi», ma il diritto ha ormai assunto il ruolo di «scienza malleabile, più flessibile e avvolgente di quanto non fosse nel passato».
Il secondo volume che compone la poliedrica opera curata da Alessandro Pajno, Filippo Donati e Antonio Petrucci ruota attorno alla dimensione pubblica e privata dell’intelligenza artificiale.
Dopo la prefazione di Alessandro Pajno e l’introduzione di Filippo Donati, i quali si occupano rispettivamente le coordinate della sfida rappresentata dalla transizione digitale e il piano dell’opera, la prima sezione del volume è dedicata al rapporto tra IA e pubblica amministrazione.
Il primo capitolo, a cura di Edoardo Chiti, Barbara Marchetti e Nicoletta Rangone, studia i modi in cui alcune amministrazioni pubbliche oggetto di indagine, ossia autorità indipendenti, amministrazioni centrali e città intelligenti, stanno sperimentando l’impiego di sistemi di IA per innovare la propria attività. Gli Autori dimostrano la crescente disponibilità delle amministrazioni a sfruttare le opportunità offerte dalla tecnologia per massimizzare la propria efficienza, ma la transizione digitale dovrebbe essere accompagnata all’acquisizione di fondamentali competenze tecniche, necessarie per individuare i sistemi più adatti alle esigenze della singola amministrazione, garantire la trasparenza e l’accountability dell’attività algoritmica, nonché assicurare l’intervento umano sui sistemi di intelligenza artificiale.
Nel secondo capitolo, Giulia Avanzini si concentra sulle sfide sollevate della governance dei dati all’interno delle amministrazioni, illustrando le diverse problematiche derivanti dall’uso di sistemi algoritmici nelle procedure amministrative. Le garanzie per il cittadino sono minate da numerosi fattori, tra cui l’impossibilità di applicare gli istituti tradizionali al processo decisionale algoritmico, ma anche da scarsa qualità, obsolescenza e inadeguatezza dei datasets di cui si avvale la macchina. Le soluzioni proposte dall’Autrice comprendono una preventiva valutazione d’impatto sull’impiego di IA nel rapporto tra amministrazione e cittadini, test preventivi sul sistema algoritmico, nonché l’introduzione di norme per attribuire alla decisione automatizzata una base legale certa.
Marco Macchia e Antonella Mascolo nel terzo capitolo descrivono l’approccio europeo alla sfida tecnologica, improntato a uno sforzo regolatorio coordinato e proattivo per la costruzione di un sistema di gestione dell’intelligenza artificiale risk-based e antropocentrico. Considerando la Proposta di Regolamento della Commissione Europea sull’IA, emerge l’intento di elaborare un quadro normativo in grado di perseguire un duplice obiettivo: affermare l’Unione quale leader nel settore, nonché garantire i diritti e le libertà fondamentali riconosciute ai cittadini europei.
Nel quarto capitolo, Leonardo Parona riassume rischi e benefici del processo decisionale algoritmico impiegato per decisioni amministrative discrezionali, proponendo una serie di elementi essenziali di cui le amministrazioni dovrebbe dotarsi per affrontare la rivoluzione digitale, quali lo sviluppo di expertise tecnica e la predisposizione di procedimenti di monitoraggio sulla macchina da parte del funzionario. Con il capitolo cinque Simone Franca, dopo aver considerato l’apporto innovativo fornito dall’IA nella gestione dei dati, considera il GDPR un paradigma sufficientemente flessibile per garantire un’adeguata tutela dei dati personali nelle more dell’approvazione della Proposta di Regolamento sull’IA.
L’intelligenza artificiale è suscettibile di generare un forte impatto sulle città intelligenti e sui trasporti pubblici. Quest’ultimo settore, come dimostrato da Maria Bianca Armiento attraverso il settimo capitolo, beneficia della tecnologia nel senso di un consistente implemento dei principi del rapporto d’utenza, rendendo quindi essenziale l’impiego di nuove tecnologie per «ridisegnare in positivo il volto delle comunità locali». Fulvio Costantino nel sesto capitolo auspica una nuova legislazione locale e sovranazionale sufficientemente robusta da risolvere i principali problemi che emergono nella regolazione delle smart cities, adottando nuove forme di informazione e coinvolgimento accanto all’amministrazione di soggetti qualificati.
La seconda sezione del volume è dedicata alla responsabilità per applicazioni di intelligenza artificiale. Attraverso l’ottavo capitolo, Ugo Ruffolo conduce un’ampia riflessione sull’adeguatezza del sistema giuridico attuale per garantire adeguate tutele al cittadino che abbia subito lesioni ascrivibili a sistemi di IA. L’Autore conclude escludendo la necessità di una nuova lex robotica, dal momento che il tema della responsabilità della macchina può essere risolto interpretando le disposizioni attuali, che convergono in una prospettiva «umanocentrica».
Il nono capitolo di Andrea Amidei è incentrato sulla disciplina europea in tema di product liability: la Direttiva 85/374/CEE è applicabile ai sistemi di intelligenza artificiale, ad eccezione dell’apprendimento automatico, rispetto al quale grava sul produttore un obbligo di monitoraggio più stringente. Avverso la «vulnerabilità digitale» dei consumatori, Enrico Maria Cotugno sottolinea la necessità di una normativa specifica sui prodotti IA che si attesti a un livello di tutela almeno pari allo standard offerto dal GDPR, prendendo come valido punto di partenza la valutazione ex ante dei rischi prevista nella Proposta di Regolamento sull’intelligenza artificiale. Paolo Del Vecchio e Valentina Bignoli attraverso il capitolo undici escludono la necessità di una nuova lex robotica per regolare il problema della responsabilità per la decisione amministrativa algoritmica, poiché secondo le disposizioni attuali questa è da attribuire necessariamente ai funzionari pubblici.
Il dodicesimo capitolo, a cura di Oreste Pollicino e Giovanni De Gregorio, sottolinea la rilevanza del «nuovo costituzionalismo digitale europeo», descrivendo l’approccio al rischio verticale dell’AI Act in opposizione al regime di responsabilità del GDPR. Il capitolo tredici di Valeria Falce descrive la singolarità delle banche dati e la proposta di soluzioni «ponte» per regolare efficacemente il fenomeno, in attesa di una legislazione europea completa e coerente. Antongiulio Lombardi e Giulio Lombardi descrivono, infine, diverse ipotesi di supervisione della responsabilità da parte di agenzie indipendenti, cercando di evitare la «frammentazione» della valutazione della condotta dell’agente e della sua responsabilità, con il rischio di moltiplicare eventuali sanzioni.
La sezione conclusiva riguarda il rapporto tra intelligenza artificiale e giurisdizione, analizzando i benefici e i rischi della giustizia predittiva.
Alessandro Pajno apre il capitolo quindici con un’analisi approfondita dei problemi che sorgono quando si configura una giustizia basata sulla macchina, trovando nel principio del contraddittorio una soluzione valida per garantire l’obiettività e la neutralità della decisione algoritmica. Il capitolo seguente, a cura di Filippo Donati, descrive il problema dell’anonimizzazione dei dati giudiziari, che rappresenta una questione aperta per la regolamentazione europea, considerando la varietà delle discipline nazionali in materia. Ugo Ruffolo immagina la macchina come un avvocato generale, incaricato di proporre una soluzione non vincolante che il giudice umano può seguire o ignorare. Mario Libertini, Maria Rosaria Maugeri ed Enzo Vincenti, autori dei capitoli diciotto e diciannove, indagano sull’uso del processo decisionale algoritmico nella giustizia civile: la proposta di una decisione che deve essere convalidata da un giudice umano è ancora una volta la soluzione migliore per una massimizzazione dell’efficienza della macchina e tutelare adeguatamente il cittadino.
Secondo Serena Quattrocolo, il sistema di giustizia penale dovrebbe beneficiare dell’uso dell’intelligenza artificiale, evitando di assumere «un inutile approccio distopico». Tra le principali sfide, la capacità dimostrativa e l’affidabilità dei mezzi di prova forniti utilizzando sistemi digitali e l’uso di software volti a prevedere rischi penali specifici, indipendentemente dai divieti di indagini criminologiche. Ernestina Sacchetto nel capitolo ventuno descrive l’uso del software di riconoscimento facciale nel procedimento penale come mezzo di ricerca della prova o come mezzo di prova, potendo comportare, in assenza di un quadro normativo coerente, rischi di inaffidabilità e discriminazione. Fabio Pinelli attraverso il capitolo ventidue indaga l’uso dei modelli computazionali per definire la responsabilità penale o il quantum di pena: tali applicazioni possono essere considerate accettabili solo nell’ambito di una legislazione ampia e flessibile, che impone il controllo umano.
I due contributi finali, i capitoli ventitré di Flavia Risso e ventiquattro di Dario Simeoli, analizzano il ruolo dell’Intelligenza Artificiale nella giustizia amministrativa. L’unica prospettiva ammissibile sembra essere la «cobotizzazione» del processo amministrativo: gli algoritmi possono fornire un valido supporto decisionale, ma non potrebbero mai sostituire il giudice.
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