Lo scritto ha inteso indagare lo stato di (in)attuazione dell’art. 43 Cost. nella parte in cui prevede la possibilità di riservare o trasferire per «fini di utilità generale» determinate imprese o categorie di imprese a «comunità di lavoratori o di utenti». L’analisi del dibattito nell’Assemblea costituente ha dimostrato che la disposizione trae le sue origini nelle istanze di socializzazione dei mezzi di produzione, di cui si discuteva in Europa già dall’inizio del XX secolo, ma che ebbero un ruolo marginale nella cultura politica ed economica italiana del secondo dopoguerra rispetto a modelli di collettivizzazione già noti, ovvero le statizzazioni, le nazionalizzazioni e i sistemi di partecipazioni statali. Oltre alle debolezze politico-ideologiche che hanno caratterizzato il percorso di elaborazione dell’art. 43 Cost., lo scritto analizza altre ragioni che hanno determinato la mancata attuazione della previsione contenuta nell’art. 43 Cost., tra le quali emerge il problema della complessiva incompatibilità dell’intero articolo con il diritto dell’Unione. Viene considerata, infine, la valorizzazione simbolica che la norma ha avuto più di recente nel contesto dei beni comuni per garantire una maggior accessibilità a beni e servizi ritenuti indispensabili per il godimento dei diritti fondamentali anche attraverso la promozione delle formazioni intermedie.
La riserva di attività economiche alle comunità di lavoratori o di utenti
di Alfredo Moliterni; Silvia Pellizzari
Abstract