L’individuazione dei fornitori della tecnologia per la realizzazione delle reti 5G e la fornitura dei relativi dispositivi è sempre più oggetto di attenzione da parte di vari Paesi. Il tema è di particolare rilievo in quanto tocca profili attinenti non solo all’innovazione tecnologica, ma altresì alla concorrenza, alla tutela della sicurezza nazionale, nonché aspetti geopolitici, in particolare per quel che concerne lo scontro commerciale, tecnologico, politico e ideologico tra Stati Uniti e Cina.
Il tema riveste un’importanza strategica per gli interessi nazionali: da un lato, la creazione dell’infrastruttura 5G e la sua implementazione costituiscono attività necessarie per supportare il processo di innovazione tecnologica in tutti i settori, sia pubblici che privati (si veda, con particolare riferimento all’Europa, il 5G for Europe Action Plan); questo obiettivo va, però, bilanciato con quello della sicurezza delle infrastrutture di telecomunicazione e, in particolare, della sicurezza nazionale cibernetica.
Proprio in relazione a tale ultimo aspetto, va detto che sempre più governi nazionali si sono recentemente orientati nel senso di escludere Huawei – il noto colosso cinese delle telecoms – dalla fornitura della tecnologia per la realizzazione del 5G; in alcuni casi si è trattato di un ban integrale, in altri di un’esclusione “di fatto”; altri ancora hanno, invece, manifestato un approccio più cauto.
Per quanto riguarda il “primo gruppo”, con un order dell’amministrazione Trump del maggio 2019 Huawei è stata inserita nella Entity list, una sorta di “black list” che, di fatto, impedisce alle imprese ivi contemplate di svolgere la propria attività sul territorio statunitense. Huawei, dunque, non potrà vendere le proprie attrezzature agli operatori di rete telecom americani. La messa al bando è stata fondata su ragioni di tutela della sicurezza nazionale, che risulterebbe minacciata dall’utilizzo della tecnologia dell’azienda cinese e, in particolare, dallo stretto collegamento di quest’ultima con il governo di Pechino, che potrebbe comportare l’utilizzo della società per condurre spionaggio e cyber sabotaggio.
A questa iniziativa ne sono seguite altre simili in Europa. Il Consiglio di Sicurezza Nazionale del Regno Unito, con una decisione formalizzata lo scorso luglio, ha escluso la tecnologia Huawei dalla rete 5G (il divieto è stato, inoltre, esteso alle linee della rete fissa). Le motivazioni dell’esclusione sono le stesse che hanno guidato la decisione USA.
Spostandoci nell’Europa continentale e, in particolare, in Germania, il Parlamento starebbe per approvare una legge con cui verranno introdotte delle significative limitazioni all’offerta, nel territorio tedesco, della tecnologia 5G da parte di Huawei. L’approccio, in questo caso, è meno tranchant rispetto a quello inglese e americano: se verrà approvato il testo di legge attualmente in discussione, la Germania non adotterà, almeno formalmente, un vero e proprio ban. Sono previsti, però, alcuni ostacoli burocratici che, di fatto, renderanno molto difficile per l’azienda cinese la fornitura dei dispositivi 5G. Tra questi, oltre al vaglio dei requisiti tecnici, spicca la valutazione della trustworthiness del fornitore: è proprio questo l’aspetto che, secondo alcuni, fonderà l’esclusione di Huawei dalla fornitura dei dispositivi. La valutazione di affidabilità del fornitore si fonderà essenzialmente sulle possibili minacce alla sicurezza nazionale e sarà condotta, con molta probabilità, con il coinvolgimento dell’intelligence.
In Belgio non vi è stato un provvedimento formale del governo, ma i due principali operatori di telecomunicazioni hanno di recente annunciato di essersi rivolti a una società europea per lo sviluppo dell’infrastruttura di rete 5G; non solo: è prevista anche una progressiva sostituzione dei dispositivi Huawei attualmente utilizzati con quelli prodotti dagli altri due principali players del settore, Nokia ed Ericsson.
Per quanto riguarda l’Italia, un rapporto del Copasir del dicembre 2019 ha posto l’accento sulle possibili minacce alla sicurezza nazionali derivanti dall’utilizzo di dispositivi Huawei. Non sembrerebbe, però, andare nel senso di una drastica esclusione dell’azienda cinese il Dpcm del 7 agosto 2020 (il cui contenuto ad oggi risulta secretato): secondo le informazioni trapelate, sarebbe possibile per Tim rifornirsi di strumentazioni della tecnologia 5G Huawei (si parla di “processo di diversificazione dei fornitori”). Sarebbero, tuttavia, previste alcune limitazioni a tutela dei dati raccolti.
Quanto finora detto rende evidente quanto le nuove tecnologie (tra le quali può senz’altro essere annoverato il 5G) e le relative infrastrutture assumano una rilevanza strategica sempre più crescente. Gli approcci brevemente descritti – anche a volerli considerare esclusivamente come il frutto di pressioni esercitate da USA e Cina nell’ambito dello scontro in atto – sono la dimostrazione di tale rilevanza. Se, quindi, sono comprensibili le preoccupazioni in termini di cyber-sicurezza e sicurezza nazionale, dall’altro lato non possono ignorarsi le conseguenze che la limitazione della concorrenza determinerebbe sul progresso tecnologico e sulla tutela degli utenti finali. L’esclusione dal mercato delle telecomunicazioni di un operatore (ad oggi considerato il primo a livello mondiale per dimensioni) in un contesto caratterizzato dalla presenza limitata di players, potrebbe determinare un significativo ritardo nella realizzazione del 5G e, soprattutto, nel suo utilizzo diffuso, nonché un innalzamento eccessivo dei costi che andrebbero poi a riversarsi sugli utenti finali (si veda, in tal senso, lo studio condotto da Oxford Economics The economic impact of restricting competition in 5G network equipments).
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