Combattere l’evasione fiscale, ridurre l’erosione tributaria, semplificare l’amministrazione. Tutti ne parlano, nessuno ci si impegna. Ma «ora è il momento del coraggio» — ha proclamato il presidente del Consiglio dei ministri. Parte la «madre di tutte le riforme»: «tagliare la burocrazia».
Ce n’era bisogno, visto che il decreto legge «semplificazione» stesso segnala che la valutazione di impatto ambientale si conclude talora in dieci anni. «Parturient montes, nascetur ridiculus mus» (Orazio): i monti avranno le doglie, nascerà un ridicolo topo. Il decreto legge «semplificazione» tradisce sia promesse, sia attese: mette solo qualche «cerotto», come ha detto un imprenditore.
Consta di 48 articoli, riguardanti l’universo mondo (investimenti pubblici in opere, edilizia privata, procedimenti amministrativi, responsabilità erariale e abuso d’ufficio, digitalizzazione, reti e servizi di comunicazione, adempimenti antimafia, Cipe, valutazione d’impatto ambientale, bonifica e dissesto idrogeologico, reti energetiche).
Ma è come un insaccato, perché vi sono anche norme estranee, entrate di contrabbando (gli aumenti di capitale di società, le autorità di sistema portuale, i parchi, i veicoli elettrici, i piani del territorio montano e forestale), perché Palazzo Chigi è di questi tempi come la Madonna di Montevergine: tutti quelli che hanno un desiderio lasciano vicino alla sua immagine un biglietto, nella speranza di esser ascoltati.
Continua a leggere l’intervento di Sabino Cassese pubblicato sul Corriere della Sera dello scorso 6 luglio.