Potenzialità e rischi del percorso evolutivo dell’automazione tecnologica, dalla sua applicazione alla sfera privata e del consumo, a quella pubblica e della politica, in un volume critico, destinato a far discutere.
Ogni grande trasformazione tecnologica reca con sé le sue promesse. Se, durante la rivoluzione industriale, l’automazione ambiva a sostituire al lavoro manuale quello delle macchine, ottimizzando la produttività, nell’attuale rivoluzione dell’informazione e dei dati, l’obiettivo della tecnologia è di anticipare le condotte e i rischi dei cittadini, così da selezionare le opzioni più desiderabili, in ogni campo, da quello della produzione fino a quello della politica.
Mark Andrejevic, docente di social media e comunicazione, si sofferma in questo volume, ancora non tradotto in Italia ma già oggetto di attenzione, sui profili controversi della nuova automazione, veicolata principalmente attraverso la rete. Il focus dell’analisi è su quella che l’autore definisce “la logica a cascata” dell’automazione, cioè la capacità, soprattutto dei nuovi media, di catturare dati, processarli e non solo generare risposte coerenti ma vere e proprie indicazioni sulla direzione che il lavoro deve prendere, in virtù delle preferenze acquisite indirettamente.
Il pensiero dell’autore si inserisce nel filone, ormai piuttosto ampio, dei critici verso la dimensione economica del ricorso alle tecnologie digitali. E, in effetti, il lavoro, specie là dove rileva la natura capillare e di controllo della gig economy, presenta molte affinità con le tesi della Zubov sul capitalismo di sorveglianza.
Due idee del volume, tra loro correlate e sviluppate nei capitoli centrali (4 e 5), sono di particolare interesse per un giurista.
La prima è che, secondo Andrejevic, si sta imponendo, nella sfera pubblica mondiale, l’affermazione della “sovranità del consumatore”, in qualche modo anticipata dai teorici del nudging. Tecniche, come quelle di raccolta delle preferenze utilizzate da Google, Amazon e Facebook, transitano, sempre di più, verso l’attività delle istituzioni, spogliando di politicità, cioè di capacità autonoma di dibattere e scegliere, la vita dei cittadini. La seconda è che questa sovranità del consumatore sta già trovando il primo campo di applicazione massiccio nella costruzione delle smart cities, destinate, nella lettura dell’autore, a diventare il primo caso di “post-panopticon”, in cui il controllo non è più metaforico ma il prodotto reale “dell’informazione totale” acquisita e rielaborata dalle nuove piattaforme.
Fuori dal neo-luddismo, toccherà intanto ai giuristi cercare le giuste formule per mantenere la rivoluzione tecnologica lontana dalle derive estremiste che libri, come questo di Andrejevic, ci pongono davanti agli occhi.
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