Abbiamo visto con piacere il ministro della Salute e il presidente della Regione Lombardia annunciare insieme i dolorosi provvedimenti diretti ad evitare l’estensione del contagio.
E letto con soddisfazione che anche il presidente della Regione Veneto ha firmato insieme con il ministro la relativa ordinanza (la legge del 1978 sul Servizio sanitario nazionale richiede solo la firma del ministro).
Ma, per affrontare questo nemico, non basta la cooperazione nazionale. Ogni anno, un quarto circa degli abitanti del pianeta varca in aereo i confini del proprio Paese. Abbiamo visto quanti italiani, di età diverse, per motivi diversi, erano nella provincia di Hubei.
Un grande studioso inglese, che era stato a lungo presidente della Corte internazionale di giustizia, un quarto di secolo fa, a una persona che gli chiedeva di parlare della sovranità degli Stati, rispose: guardi quante persone all’aeroporto di Amsterdam attendono ogni giorno di volare in altri Paesi senza una specifica autorizzazione o un modulo da riempire (e purtroppo i virus si muovono ancora più liberamente e rapidamente).
Se il problema è globale, la soluzione non può che essere globale.
Ogni volta che si presenta un problema di queste dimensioni, si deve constatare che «blindare porti e confini» (come qualcuno ha proposto) è inutile: occorre, invece, rafforzare la cooperazione internazionale.
Non meno, ma più globalizzazione.
Continua a leggere l’intervento di Sabino Cassese sulle pagine del Corriere della Sera dello scorso 24 febbraio.