Lo scorso 12 novembre, la Grande Sezione della Corte di giustizia ha adottato una pronuncia nella quale si è espressa per la prima volta sul diritto conferito agli Stati membri dall’art. 20 della Direttiva 2013/33/UE in materia di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, consistente nella possibilità di definire le sanzioni applicabili quando uno di tali soggetti si sia resto colpevole di una grave violazione delle regole del centro di accoglienza presso cui si trova o di un comportamento gravemente violento.
Nella propria decisione, la Corte ha affermato che tale disposizione – interpretata in correlazione all’art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – osta a che gli Stati membri possano infliggere una sanzione consistente nella revoca, ancorché temporanea, delle condizioni materiali di accoglienza del richiedente relative all’alloggio, al vitto o al vestiario.
La Corte ha chiarito che le sanzioni devono essere obiettive, imparziali, motivate e proporzionate alla particolare situazione del richiedente, e devono comunque salvaguardare, in ogni circostanza, un tenore di vita dignitoso.
Il caso che ha condotto a tale decisione riguardava un cittadino afghano che, giunto nel territorio belga come minore non accompagnato e ospitato all’interno di un centro di accoglienza, era stato coinvolto in una rissa fra i residenti.
Anche in considerazione della peculiarità del caso, riguardante una persona vulnerabile ai sensi della medesima direttiva 2013/33, la Corte ha sottolineato che le autorità nazionali preposte all’adozione delle sanzioni devono tenere maggiormente conto della particolare situazione del minore e del principio di proporzionalità, anche in linea con quanto prescritto dall’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali.