Esiste un obbligo a carico della Commissione europea di adottare una proposta per far fronte alla richiesta dei cittadini firmatari di una iniziativa europea? In che rapporto si pone il potere di iniziativa con le prerogative del Parlamento europeo? Che tipo di finalità ha tale strumento? Ha una valenza puramente simbolica o si connota per una specifica vincolatività giuridica?
L’articolo 11, paragrafo 4, del Trattato sull’Unione europea consente a un milione di cittadini provenienti da almeno un quarto degli Stati membri di invitare la Commissione a proprore al legislatore europeo l’adozione di un atto giuridico volto a dare attuazione ai trattati.
L’iniziativa anti-abortista promossa da un numero di firmatari pari a quello richiesto dei Trattati ha rappresentato uno dei pochi casi nei quali la Commissione ha effettivamente esaminato una proposta capace di raccogliere il numero di firme necessario. L’esecutivo comunitario ha però dichiarato, con una comunicazione del 2014, la propria intenzione di non intraprendere alcuna azione in materia.
Gli autori dell’iniziativa hanno inizialmente impugnato tale atto davanti al Tribunale dell’Unione europea. Nella sentenza nella causa T-561/14, il Tribunale ha dichiarato che il ricorso era irrecivibile nei limiti in cui era stato proposto dal comitato promotore, che la comunicazione costituiva un atto impugnabile con ricorso di annullamento, e che – tuttavia – i motivi dedotti dai promotori non meritavano accoglimento.
Nelle conclusioni presentate nella causa avente a oggetto l’impugnativa della decisione del Tribunale, l’avvocato generale Michal Bobek ha affermato che la formulazione delle disposizioni di diritto dell’Unione europea rilevanti, così come la genesi di tali disposizioni, indicano in modo chiaro che l’iniziativa popolare europea non è stata né concepita né elaborata in modo da imporre a carico della Commissione un obbligo di adottare la proposta richiesta. Lo stesso discende anche dal contesto sistematico e istituzionale in cui la stessa si inserisce: una sua eccessiva rilevanza pregiudicherebbe, infatti, l’equilibrio legislativo istituzionale.
Ad avviso dell’avvocato generale, inoltre, lo strumento dell’iniziativa rappresenta molto più di una mera strizzata d’occhio simbolica alla democrazia partecipativa. Si tratta di un veicolo istituzionale che permette l’emersione di questioni politiche che interessano un gruppo di cittadini. Essa contribuisce a cristallizzare tali questioni come questioni di interesse europeo condivise tra vari Stati membri.
Tale strumento conferisce visibilità a temi che preoccupano i cittadini, che potrebbero non essere già nell’ordine del giorno delle istituzioni o persino dei gruppi politici rappresentati nel Parlamento europeo. Inoltre, consente l’accesso diretto all’istituzione che, nel particolare sistema istituzionale sui generis dell’Unione, detiene il potere di iniziativa legislativa; obbliga la Commissione a prendere seriamente in considerazione e ad avviare una valutazione delle proposte di un’iniziativa andata a buon fine, e a farlo pubblicamente e sotto controllo pubblico.
Infine, garantisce che il contenuto dell’iniziativa sia preso in esame e discusso pubblicamente al Parlamento europeo, democraticamente eletto. Tutte queste ragioni sottolineano che, nonostante il fatto che il sistema dell’iniziativa, come attualmente concepito nel diritto primario e derivato, non comporti l’obbligo per la Commissione di presentare una proposta, esso possiede un indubbio valore aggiunto, in qualità di meccanismo sui generis di definizione dell’agenda.