La Sezione Terza del Consiglio di Stato, con sentenza n. 4026 del 2019, si è pronunciata sulla legittimità del provvedimento di scioglimento del Consiglio e della giunta comunale di Cassano della durata di 18 mesi per infiltrazione mafiosa.
La sentenza, muovendo dalla premessa secondo cui «lo scioglimento degli organi comunali per infiltrazioni mafiose è strumento di tutela della collettività, a carattere preventivo e non sanzionatorio», riprende gli orientamenti giurisprudenziali maggioritari, riepilogando i criteri della valutazione che presiede all’utilizzo di tale strumento.
Secondo il Collegio la valutazione sulla decisione di scioglimento deve essere «non atomistica ma complessiva», dovendo essere condotta «in ordine non soltanto a singoli episodi, ma soprattutto ai collegamenti tra fatti, persone e andamenti nel tempo della amministrazione locale».
Essa, in primo luogo, non deve necessariamente fondarsi sulla «esistenza di fatti penalmente rilevanti e tanto meno di preesistenti condanne, poiché comunque il condizionamento della formazione della volontà degli organi locali, in modo univoco e rilevante, ben può essere colto, nella sua probabilità e verosimiglianza, da elementi indiziari». In secondo luogo, può avere riguardo «sia al “collegamento” che al “condizionamento” della politica e amministrazione locale, tanto che si evidenziano sia comportamenti rilevatori di “contiguità compiacente” (attraverso, ad esempio, corruzione e favoritismi clientelari) sia della “contiguità soggiacente” (attraverso, ad esempio, la mancata reazione alle intimidazioni mafiose o l’inerzia nell’adottare atti su cui la cosca locale aveva inviato segnali minacciosi)». Tale valutazione, infine, deve essere «complessiva» e «contestualizzata anche territorialmente», non potendo altrimenti condurre «ad un esame appropriato della delibera di scioglimento, quale tutela avanzata prevista dall’ordinamento».